L'arte queer del fallimento by Jack Halberstam

L'arte queer del fallimento by Jack Halberstam

autore:Jack Halberstam [Halberstam, Jack]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Social Science, LGBTQ+ Studies, Gay Studies
ISBN: 9788833893792
Google: Bh9iEAAAQBAJ
editore: Minimum Fax
pubblicato: 2022-03-03T13:04:24+00:00


Cecile Beaton, Gertrude Stein, 1935, stampa su gelatina d’argento, 21,4X17 cm. Per gentile concessione del Cecil Beaton Studio Archive di Sotheby’s.

In primo piano una Stein grande, maschile, con un pesante cappotto e una cuffia stretta in testa, osserva mestamente l’obiettivo. L’unica concessione alla femminilità è la spilla sul colletto, un feticcio-ombra, che sostituisce ciò che dovrebbe essere una cravatta con l’immagine di una decorazione femminile. Le mani sono incrociate, le labbra strette, il viso serio e segnato di rughe. Dietro alla Stein grande sta la Stein-ombra: ora, senza cappotto, possiamo vederne la gonna, il panciotto e la spilla, e la spilla adesso ci induce a riguardare la prima Stein. Questo ritratto ripete la composizione di un’altra immagine in cui Stein compare con la sua compagna, Alice B. Toklas: Stein è in piedi sulla destra, quasi del tutto in primo piano, e poco più dietro sulla sinistra, nella sua ombra, sta Toklas. In entrambe queste raffigurazioni del corpo di genere ambiguo di Stein, la sua maschilità è misurata contro un’altra immagine, nella quale Stein si raddoppia ma non si riflette in maniera identica. È Toklas, che guarda la macchina fotografica con aria di sfida sconfessando la sua posizione come «altra» di Stein, come dipendente da lei, a mettere in prospettiva la maschilità di Stein. Mostrandoci Stein attraverso Toklas, la foto ci costringe a ripensare i parametri con i quali siamo soliti «vedere» il genere: il genere queer, sia quello di Toklas che quello di Stein, consiste in un rimando continuo dall’una all’altra, proprio come lo sguardo dello spettatore si muove dall’una all’altra, guidato da una strana scultura di fil di ferro che pende in mezzo a loro e che proietta la sua ombra sul muro. La messa in posa del soggetto queer nell’ombra, e come un’ombra, sembra voler dimostrare che la costruzione del genere queer sia un processo derivativo rispetto alla preminenza della sistematizzazione eterosessuale del genere e della relazionalità, ma in realtà evoca la potenza distruttiva del mondo-ombra.

Scrivendo di Diane Arbus, un’altra archivista di «sottomondi sessuali», Sontag afferma che «come Brassaï, Arbus voleva che i suoi soggetti fossero il più possibile coscienti, consapevoli dell’atto al quale partecipavano. Anziché cercare di convincerli ad assumere una posizione “naturale” o “tipica”, li incoraggiava a essere goffi, cioè a posare».28 La messa in posa, suggerisce Sontag, fa sembrare i soggetti ancora «più strani», e nel caso del lavoro di Arbus, «quasi pazzi». Sontag critica Arbus per l’uso che fa della macchina fotografica per stanare e creare mostri, e la paragona a Brassaï in senso negativo, sottolineando come Brassaï non documentasse solamente «pervertiti e invertiti» ma facesse anche «teneri paesaggi urbani e ritratti di artisti famosi».29 Arbus invece rende «tutti i suoi soggetti equivalenti» rifiutandosi di «esplorare l’intero campo dei soggetti possibili».30 La gamma ristretta dei suoi interessi, in altre parole, la rende una solipsistica voyeur piuttosto che una fotografa di talento. Le fotografie di nani e travestiti di Arbus, in effetti, dipingono il mondo come una fiera di mostri, e fanno sfilare corpi ambigui



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